LE ORIGINI
Domenico Vendramin, Memi per gli amici, faceva il bigliettaio e poi il controllore alla S.I.A.M.I.C. di Treviso, ditta di collegamenti extraurbani, sviluppatasi nel dopoguerra soprattutto con il boom economico, quando tutti trovavano lavoro ma non possedevano ancora la macchina per spostarsi. L’Azienda di autotrasporti assunse in seguito il nome di F.A.P. e poi A.C.T.T.. Fatto è che a Domenico quel lavoro andava troppo stretto e non solo perché era un tipo intraprendente, ma anche e soprattutto perché la famiglia cresceva e bisognava rimboccarsi le maniche.
Fin da piccolo, pur essendo figlio di Edoardo – un bravo muratore, specialista in archi in pietra, tale da svolgere il suo lavoro principalmente in una città d’arte come Venezia – Memi era attratto dal mestiere di fabbro ferraio. Più volte gli era capitato di vedere all’opera l’artista trevigiano del ferro battuto Toni Benetton e gli era venuta la voglia di provare egli stesso a cimentarsi con la mazza e l’incudine, scoprendo di possedere un talento inusitato.
Domenico, avvalendosi dell’officina di maniscalco di Giulio Biscaro, che abitava nella stessa Via Trieste, a Paese, in cambio di qualche aiuto a comporre con il ferro rami di vite, con foglie tralci e grappoli d’uva verniciati a mano, che vendeva alle trattorie del Montello, e questi manufatti gli riuscivano così bene che incontrarono i favori della critica popolare tanto da fargli piovere addosso tante commesse.
LA SECONDA GENERAZIONE
A Domenico si affiancò ben presto il figlio Corrado (1949) al quale, al pari del genitore, non mancavano l’estro, la fantasia e la voglia di affermarsi. Quello di Corrado fu, infatti, un amore a prima vista con il ferro, un materiale che, una volta scaldato, si lasciava docilmente modellare dalle sue mani, tanto che dopo pochi anni il padre, conscio che l’allievo aveva superato il maestro, si ritirò. Il primo approccio di Corrado con questa attività avvenne quando era appena quindicenne, ma poi lo coltivò nel dopolavoro da dipendente di una nota azienda locale che lasciò ventisettenne per mettersi in proprio. Da allora fu un continuo crescendo, perché integrava il lavoro con continue specializzazioni, ma confrontandosi anche con i suoi colleghi in competizioni utili ad acquisire nuovi stimoli e nuove tecniche.
Nel 1976, sacrificando parte dell’orto a fianco dell’abitazione , Corrado si costruì una modesta officina dove si cimentava con mazza, maglio e incudine. Il suo argentino batti e ribatti si spandeva per la borgata di Sovernigo destando non poche proteste, tanto che dovette arrivare ad un compromesso con il Comune, stabilendo degli orari di lavoro, meglio sarebbe a dire di pausa. Era un rumore, anzi un suono nuovo quello che produceva, si sviluppava un’attività artistica di cui non c’era grande cognizione, incompresa quindi anche dai vicini di casa.
Grazie alla veloce evoluzione del suo lavoro, fu ben presto evidente che doveva cercare una sede più idonea. Acquistando un terreno in zona artigianale, Corrado fece costruire un capannone in Via Casanova a Castagnole dove trasferì l’attività, lasciando quindi Sovernigo.
La sua arte di arredare con il ferro da allora non ha conosciuto congiunture, come non si contano le partecipazioni a mostre e concorsi, nazionali ed internazionali, ai quali viene continuamente invitato come artista del ferro. A lui si deve l’avvio, nel 1985, della “Biennale d’arte del ferro” di Vittorio Veneto, una rassegna che continua tuttora con successo. Ma la sua bravura, ben affermata e riconosciuta in tutto il Veneto, lo ha portato ad esibirsi spesso in altre regioni italiane, in Toscana, in Emilia Romagna, in Valle d’Aosta, e pure all’estero.
LA TERZA GENERAZIONE
L’azienda, individuale, porta tuttora la denominazione “Corrado Vendramin”, ma è destinata ad assumere il blasone “Ferro D’élite”, dato che si sta ulteriormente evolvendo dopo l’ingresso del figlio Paolo (1982), la terza generazione familiare di mastri ferrai.
Paolo è perito industriale, diplomato all’I.T.I.S. di Treviso con una specializzazione in ferro battuto moderno in contesto antico, qualifica acquisita presso il Centro Europeo per i Mestieri e la Conservazione del Patrimonio Architettonico di Venezia. Ed è grazie a lui che l’azienda ora ha visibilità attraverso il proprio sito internet. Un balzo enorme, soprattutto una bella soddisfazione per nonno Memi che ha visto la sua vena artistica esponenzialmente valorizzata dalla sua posterità.